lunedì 22 luglio 2013

Il valore della Fiducia

Dalla mia esperienza con la depressione ho imparato a non aver paura.

A volte accade che mi faccia prendere da pensieri pessimistici. Poi però ricordo dove sono stata, che cosa ho visto quando avevo perso la fiducia nella vita e a cosa la mancanza di fiducia mi ha condotta.

Nonostante ciò è stata la fiducia a non mollare me. Le mie predizioni catastrofiche non si sono avverate e la natura mi ha mostrato come, anche nel peggiore degli eventi, esiste sempre una motivazione profonda, una sapienza di cui ignoriamo spesso l'esistenza.

E' la sapienza della natura, del ciclo della vita. Eventi che a noi esseri umani sembrano negativi in realtà non lo sono mai nella loro totalità. Vediamo la morte come evento negativo solo perché non conosciamo cosa avvenga dopo. Cataloghiamo come negativo tutto ciò che esula dal nostro controllo ed è condiviso da tutti il fatto che sulla morte non abbiamo alcun potere.

Ma la natura è sapiente. Il nostro giudizio scardina la sapienza della natura. Cataloghiamo, etichettiamo come negativi eventi che invece sono necessari alla nostra evoluzione.

Dalla mia malattia ho appreso più che in una vita intera. Un evento negativo è stato in grado di insegnarmi, di aprire la mia testa, di aprirmi al dolore del mio prossimo.

Sapevate ad esempio che, è un'espressione un po' forte ma lasciate che spieghi, dall'evento più negativo accaduto nella storia dell'essere umano, ovvero dall'antisemitismo, è stata evitata la guerra nucleare?

Ecco la storia: Albert Einstein era arrivato all'equazione a noi tutti nota  E = mc2.

Questo quando era ancora in Germania. Einstein era ebreo e questo portò il premio Nobel Philipp Lenard a mettersi a capo di un movimento che prese il nome di 'scienza tedesca', il quale si prefiggeva il compito di purificare la scienza da ogni traccia non ariana: le teorie della relatività e la meccanica quantistica furono i suoi bersagli preferiti.

Nel 1933 Einstein emigrò quindi definitivamente negli Stati Uniti.

Nell’estate del 1939 due fisici statunitensi di origine ungherese Leo Szilard e Eugene Wigner si recarono a far visita ad Einstein, i due fisici erano venuti a conoscenza che i chimici tedeschi Otto Hahn e Fritz Strassmann di Berlino avevano realizzato il processo di fissione nucleare, cioè la divisione in due parti uguali del nucleo dell’atomo di uranio.

I due fisici ungheresi lo informarono però che i tedeschi pensavano di utilizzare questa forma di energia per la costruzione di un’arma molto potente.

Einstein venne a trovarsi profondamente combattuto fra le sue convinzioni pacifiste decisamente avverse al mondo politico e soprattutto a quello militare e la terribile convinzione che se i nazisti avessero realizzato un’arma tanto potente avrebbero potuto ridurre in schiavitù il mondo intero. Si lasciò quindi convincere a firmare una lettera che venne consegnata a Sachs affinché la recapitasse al Presidente degli Stati Uniti.

Nella lettera Einstein spiegava che alcuni recenti lavori di Fermi e Szilard lo avevano convinto del fatto che l’elemento uranio poteva essere usato nel prossimo futuro per la costruzione di bombe di nuovo tipo e di estrema potenza. Roosevelt rispose informando Einstein di aver trovato la sua lettera estremamente interessante tanto da indurlo a costituire una commissione con lo scopo di studiare la possibilità di utilizzare l’uranio per la costruzione di una bomba di nuova concezione.  

Per farla breve. Se Einstein non fosse stato costretto ad emigrare forse non sarebbe mai venuto a conoscenza degli esperimenti tedeschi e la storia avrebbe preso una piega ben diversa.

La natura e la storia sono fatte di cicli. Dove c'è vita c'è morte e poi ancora vita. In alcune culture la morte viene festeggiata come evento grandioso. Questo dovrebbe farci capire come la nostra percezione e la nostra cultura limitino fortemente i nostri giudizi di ciò che è bene e che è male.

Il tao, il karma, ci insegnano che un evento non è mai totalmente negativo o totalmente positivo.

Oggi mi guardo indietro e mi chiedo ad esempio che tipo di persona sarei se mio padre non fosse stato così severo con me. Magari avrei vissuto con più serenità. Ma grazie a questa severità ho imparato a camminare sulle mie gambe. Grazie a questa severità sono in grado di dare il giusto valore alle cose.

Impariamo a fidarci di quanto accade intorno a noi, perché gli eventi inizialmente più dolorosi possono avere risvolti inaspettati.






mercoledì 17 luglio 2013

Qual è la via per l'equilibrio?



Per arrivare ad una conclusione sono partita da lontano.

Ho iniziato domandandomi quale fosse il ruolo del senso di colpa.

Dalle ricerche di Freud sugli aborigeni australiani sappiamo che il senso di colpa affonda le sue radici nel principio dei tempi umani. Inizialmente l'uomo era come tutti gli altri animali. Faceva le cose senza provare alcun senso di colpa. L'incesto non era vissuto come peccato, idem la fornicazione. Poi accadde che dall'incesto nacquero uomini dalle scarse difese immunitarie che morivano anzitempo. Poi accadde che dalla fornicazione veniva persa l'origine dell'essere umano e questo comportava problemi di identità.  E' da qui che ha origine la colpa. Oggi proviamo disgusto fin dalla nascita all'idea di condividere la sessualità con nostro fratello o nostra sorella. 
Si chiama coscienza collettiva. Una coscienza che viene tramandata con il DNA.

La funzione del senso di colpa, quindi, è quella di preservare la vita. Una funzione assolutamente nobile, ma, che se portata agli estremi, può renderci dei giudici impietosi nemici della vita.

I motivi del senso di colpa sono scritti nei dieci comandamenti e nei sette vizi capitali.

Ci sentiamo in colpa se rubiamo, se uccidiamo, se commettiamo atti impuri, oppure se siamo dediti alla lussuria, se ci abbandoniamo alla superbia o all'ira.

I dieci comandamenti sono  la conseguenza estrema dei sette vizi capitali. Non commettere atti impuri è l'esasperazione della lussuria, non uccidere quella dell'ira.

I vizi sono nemici della vita.

Dobbiamo domandarci, per capirlo, cosa accadrebbe se tutti vi si abbandonassero.

Se tutti si abbandonassero all'ira ad esempio avremmo la guerra, che significa distruzione della vita.

Se tutti si abbandonassero alla superbia nessuno più aiuterebbe nessun'altro, e l'uomo da solo potrebbe fare ben poco.

Il vizio è tale solo se portato al suo estremo. Per lussuria si intende appunto questo. Ma l'istinto sessuale è necessario alla vita, senza di lui non si potrebbe procreare.

Stessa cosa vale per l'ira, a volte arrabbiarsi è necessario, ad esempio verso un figlio che prende direzioni  che possono nuocergli.

Anche le virtù se portate all'estremo sono nemiche della vita. Se la castità fosse un valore assoluto porterebbe all'estinzione della razza umana.  Se la carità fosse un valore assoluto nessuno produrrebbe più nulla e alla fine non ci sarebbe più nulla da donare.

Eccomi quindi alla conclusione. La via per l'equilibrio è saperci destreggiare tra vizi e virtù in modo che il frutto finale sia buono.  Se la conseguenza della mia virtù è la sterilità, se quella del mio vizio è la distruzione sto sbagliando qualcosa. Se invece il mio albero regala buoni frutti, frutti di amore, di fratellanza e di vita, la sua radice non  si esaurirà, e anche dopo che me ne sarò andato riecheggerà nel tempo arrivando fino alle future generazioni attraverso la memoria collettiva.  


martedì 16 aprile 2013

Vi svelo la fonte di ogni male.



Ho scoperto qual è la fonte di ogni sofferenza dell'anima e della mente.

Lo sapeva bene il Buddha ma pare che nonostante siano conoscenze note da tempo in molti facciano un'enorme fatica ad interiorizzarle.


Il principio di ogni dolore è l'attaccamento.


Soffro nel lasciare la mia ragazza nonostante con lei sia finita da tempo perché sono ATTACCATO al ricordo che ho di lei, soffro nel dover rinunciare alle ferie o a dover fare altre rinunce su beni non strettamente necessari perché sono ATTACCATO al piacere materiale, soffro di solitudine perché sono ATTACCATO all'idea di come un uomo solo sia un uomo fallito, soffro della paura di morire perché sono ATTACCATO alla vita, talmente attaccato che la paura ne ha preso il controllo in veste di panico.


Essere bisognosi di amore, di vita sono istinti naturali e sani. Ma dobbiamo fare attenzione. 


Un conto è necessitarne per vivere a pieno. Un conto è diventarne schiavi per, appunto, eccessivo attaccamento. Da qui partono le distorsioni:  gelosia, guerra, egoismo, panico.

Sono molto triste. 


Nella scala dei bisogni di Maslow è chiaro. 


In occidente abbiamo soddisfatto i bisogni primari. Ma dal secondo gradino ci siamo persi per strada. Siamo rimasti ATTACCATI ai bisogni primari. Alla materialità. Non siamo più capaci di amare e misuriamo il nostro amore in base all'amore ricevuto come si trattasse di un affare contabile. Abbiamo occasioni di amore ad ogni angolo della strada. Eppure vedo facce tristi. E mi domando come possa essere tanto difficile. 


Anche io sono ATTACCATA. Attaccata all'idea di un pianeta dove si gioisca per il solo fatto di esistere,  di poter godere di cose che ci sono state donate gratuitamente: il sole, il sorriso di un bimbo, il vento, le fusa di un micio. Il di più che vogliamo non ci renderà più felici. La felicità è qui e ora ed è un fatto interiore indipendente dalle contingenze. 


"Chi vorrà salvare la propria vita la perderà. " Il Cristo ci dice che l'attaccamento al vivere inteso come sopravvivenza produce frutti malati. Vivere è amare. E se amo davvero, se vivo davvero non mi interessa sopravvivere, ma vivere a pieno ogni attimo, libero da ogni tipo di schiavitù, anche nei confronti della vita stessa.

giovedì 13 settembre 2012

Schopenhauer e le verità immutabili sulla felicità.




Schopenhauer è nato nel 1788, le sue, tuttavia, restano verità immutabili che risuonano nel pensiero di  psicologia  moderna, Cristianesimo e Buddismo.

Dal libro ‘Consigli sulla felicità’ :


  •  L’unica cosa in nostro potere è il fatto di utilizzare la personalità dataci traendone il massimo vantaggio, di seguire quindi solo le sue aspirazioni e di applicarci ad un tipo di formazione che le risulti conveniente, evitando ogni altro; di conseguenza, possiamo scegliere la condizione, l’occupazione e il modo di vita che le si confanno.

  • E’ più saggio prodigarsi per conservare la salute e per perfezionare le proprie facoltà piuttosto che per l’acquisto di ricchezze; tuttavia questo non va inteso nel senso che si debba trascurare di ottenere ciò che è necessario e adeguato.

  • Noi sopportiamo con più compostezza una disgrazia capitataci per ragioni del tutto esterne piuttosto che una dovuta a nostra colpa; perché il destino può cambiare, ma la propria natura mai. I beni soggettivi, come un carattere nobile, una mente capace, un temperamento gioviale, un animo sereno, un corpo perfettamente sano e ben fatto, quindi in assoluto una mens sana in corpore sano (Giovenale, Satire, X, 356) sono le cose primarie, le più importanti per la nostra felicità; dovremmo quindi badare assai più al loro sviluppo e alla loro conservazione anziché al possesso di beni materiali e di onori provenienti dall’esterno.

  • E’ una grossa stoltezza quella di perdere all’interno per guadagnare all’esterno, ossia ottenere una posizione brillante, un lusso sfarzoso, titoli e onori, cedendo in parte o totalmente la tranquillità, la libertà, l’indipendenza.

Dal vangelo Lc 16,13 ‘Nessun servo può servire a due padroni: o odierà l'uno e amerà l'altro oppure si affezionerà all'uno e disprezzerà l'altro. Non potete servire a Dio e a mammona’.


“Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta” (Mt.6,33)

Nel Buddismo infine troviamo l’insegnamento del distacco dal bisogno materiale per raggiungere il Nirvana. Cfr. Articolo in questo Blog http://dinuovoviva.blogspot.it/2012/01/il-cambiamento-da-fonte-dansia-sorgente.html

Questi passi spiegano com’è necessario avere finalità spirituali di condivisione e tolleranza affinché le nostre opere trovino fondamenta solide. Perseguire il benessere materiale significa portare con sé egoismi che condurranno alla guerra, fino alla distruzione completa di tutto quanto si è costruito.


  • Occorre evitare ogni eccesso e ogni dissolutezza, anche le emozioni violente e penose, come pure ogni intenso e prolungato sforzo intellettuale; occorre fare ogni giorno almeno due ore di moto veloce all’aria aperta, prendere molti bagni freddi e consimili misure dietetiche. Senza un adeguato moto quotidiano è impossibile conservarsi sani: tutti i processi vitali esigono, per compiersi convenientemente, il moto, sia delle parti in cui si svolgono, sia dell’intero organismo.

Il moto può essere vissuto come momento di meditazione. Sentire il proprio corpo sotto sforzo, ascoltarne il contatto con l’acqua, con il calore, farne esperienza con il tatto, l’olfatto, la vista è essenziale per mantenere una mente equilibrata.  Il ricorso eccessivo a fumo, alcool, cibo e sostanze psicotrope può far percepire una migliore tollerabilità al malessere psichico nel breve periodo, e la parola d’ordine in questo caso è sostituzione, senza dover necessariamente perdere in appagamento. Trarre piacere da un pasto soddisfacente ma equilibrato,  fare attività all’aria aperta, dedicare al corpo rituali di benessere quotidiani  ci consentirà di raggiungere livelli di coscienza più profondi e rilassati.


  • A renderci felici o infelici non è ciò che le cose obiettivamente e realmente sono, ma ciò che sono per noi, nella nostra interpretazione. Proprio questo dice Epitteto: “gli uomini sono agitati non dalle cose, ma dalle opinioni sulle stesse”.

La nostra percezione della realtà, prettamente individuale ed irripetibile, modifica il nostro modo di reagire agli stimoli ambientali e contribuisce a plasmare la stessa realtà secondo le nostre convinzioni, il più delle volte confermandole. Accettare i limiti nostri e altrui è il punto di partenza per riuscire ad avere una visione ottimistica e produttiva del nostro vissuto. Perdono e accettazione consentono di accedere alla tolleranza che a sua volta permette di valorizzare i punti di forza di ciascuno. L’attenzione andrà quindi gradualmente spostandosi da ciò di cui siamo insoddisfatti alle bellezze di cui possiamo fare esperienza ogni giorno.




  • Quanto di meglio questo mondo ha da offrire è un’esistenza senza dolori, tranquilla, sopportabile e limiteremo le nostre pretese a tutto ciò per realizzarlo tanto più sicuramente. Infatti, per non cadere nell’estrema infelicità, il mezzo più sicuro è non desiderare una grande felicità.

  • Solo il presente è reale e certo, giacché il futuro è quasi sempre diverso da come ce lo immaginavamo e persino il passato è stato diverso da come ce lo ricordiamo. Insomma, entrambi sono meno importanti di quanto ci sembra.

La felicità idealizzata non è felicità. La felicità non dipende dal raggiungimento di un traguardo morale o materiale. La felicità sta nel piccolo traguardo di ogni giorno, nelle quotidiane manifestazioni d’amore. Vivere nel presente è la più importante fonte di felicità, anche quando nel presente vi sono sofferenze. Da esse possiamo trarre insegnamento e con esse possiamo fare intensa esperienza dell’amore di cui siamo circondati.


  • In genere le feste ed i trattenimenti splendidi e chiassosi hanno sempre in sé qualcosa di vuoto e di stonato già per il semplice fatto che contrastano in modo stridente con la miseria e le privazioni della nostra esistenza, e dal contrasto emerge con più forza la realtà


La società occidentale è la società del denaro. Siamo cresciuti con la convinzione che senza denaro non si possa godere a pieno della vita. Gli svaghi che ci propongono sono solo a pagamento. Gli svaghi gratuiti non sono valorizzati, eppure è lì che si gode realmente di una serenità autentica. I prati, il sole, la natura, le chiacchiere con gli amici più cari. Siamo individui sempre più soli, intolleranti, chiusi nella nostra scatola fatta di mura sempre più insonorizzate. Per muoverci usiamo un’altra scatola, e spesso un’altra scatola che manda immagini dal mondo è il nostro passatempo preferito (Cfr. The Box).
Riprendiamoci il nostro tempo, il nostro spazio, i nostri amici, i nostri parenti, i nostri compagni di vita. Accettiamone i limiti condannando quelli imposti da una società che ci vuole sempre più deboli perché sempre più soli.


  • La noia indirettamente diventa la fonte di innumerevoli dolori, in quanto l’uomo, per scacciarla, s’appiglia a tutto: agli svaghi, alla vita di società, al lusso, al gioco, al bere e via dicendo – espedienti che arrecano ogni sorta di danni, rovina e infelicità.

Sostituzione.
La scatola vuota venga sostituita dalla meditazione, dall’inizio di un nuovo hobby costruttivo a contatto con le persone, dalla lettura, dalla natura. Questi sono gli scaccia-noia che elevano il nostro spirito anziché deprimerlo.

Queste sono verità eterne. Scritte all’inizio dei tempi e mai mutate.

venerdì 20 aprile 2012

Educare senza traumi.


"Scandalizzare i bambini vuol dire presentare loro un mondo senza alcuna luce, né gioia, né poesia. Vuol dire spegnere in loro la speranza, la capacità di immaginare un sentire diverso" 
( Susanna Tamaro).




La maggior parte de i disturbi psichici trovano i loro traumi generativi nell’infanzia o nell’adolescenza.
L’infanzia e l’adolescenza sono momenti estremamente carichi di emotività, il cervello è nella sua fase formativa e tutti gli stimoli che riceviamo in questa fase andranno a creare quello che saremo da adulti.
Autostima, carattere, capacità di interazione, visione della realtà sono tutti elementi che ci consentiranno o di vivere con pienezza e gioia la nostra esistenza, o di creare una realtà distorta e poco condivisibile che ci eclisserà dal resto del mondo.
I bambini sono creature che non ci appartengono.
Pur essendo carne della nostra carne sono doni e su di loro non abbiamo alcun diritto di possesso.
Possiamo immaginarli non come una pietra informe da plasmare a nostro piacimento, bensì come una pianta a cui potremo dare luce, acqua ed un terreno fertile, ma che crescerà come la natura ha per loro stabilito.


Amore.  I bambini hanno bisogno di amore.
La sua assenza può portarli a richiedere attenzioni con il solo modo che conoscono: sbattere i piedi, diventare ribelli ed ingestibili.
Sono madre acquisita per i due bimbi del mio compagno.
Il più grande inizialmente mi era ostile, reagire con altrettanta ostilità dicendo semplicemente di smetterla non produsse alcun frutto.
Il mio mentore mi disse: “I bambini sono anime pure. Se reagiscono con aggressività è perché si sentono messi all'angolo da adulti troppo presi dai loro egoismi personali. Alla prossima reagisci con amore, abbraccialo, digli che ti dispiace perché tu gli vuoi bene.”
I miracoli alle volte nascono da cose piccole nell'apparenza ma grandi nella sostanza.


Il gioco. I bambini hanno bisogno di giocare in famiglia. Non di essere piazzati di fronte a televisori che li educhino per noi. Creare per loro un ambiente di gioco e condivisione significa metterli nelle condizioni di riflettere con maggior attenzione una volta a contatto con il mondo esterno. In autonomia eviteranno i rischi di droga, alcool e compagnie fuorvianti. Per il semplice motivo che avranno moltissimo da perdere, per il semplice motivo che la fiducia costruita porterà dialogo in casa e serenità interiore.


Educare quindi, certamente, dare tutti gli strumenti perché gli adulti di domani possano apprendere le essenziali regole di convivenza, perché possano coltivare con impegno i loro talenti, ma senza utilizzare imposizioni forzate e motivando ogni decisione, perché essere bambini non significa affatto non  avere la capacità di comprendere.
'Non mi va di studiare'. Rispondere 'É il tuo dovere fallo e basta' non farà che accrescere la voglia di rinunciare, mentre indicare ciò che saranno in grado di fare da adulti darà loro  il senso, la direzione.


Giudizi e aspettative.
Amore e stima devono essere a prescindere dalla strada intrapresa. Non vi é niente di più potente nel far insorgere panico e ansia del pensare che il non raggiungimento di una meta significhi un'esistenza priva di senso. Ciò che conta davvero é diventare autonomi e onesti.


Conosco persone che hanno problemi con l’abuso di sostanze, persone che si sentono incastrate in un’esistenza non sentita come propria, persone depresse, affette da disturbi psichici e somatizzazioni di ogni tipo.
Tutte hanno subìto traumi infantili, nessuna esclusa, perché la predisposizione genetica, che esiste in quanto altri soggetti esposti agli stessi eventi sono cresciuti normalmente,  ha tradotto questi traumi in malattia.
C’è chi è stato abbandonato dal padre nei primi anni di vita, chi ha subìto un’educazione a suon di legnate e disciplina, chi non ha potuto decidere nulla del proprio percorso di crescita poiché la sua esistenza era stata pianificata prima ancora che nascesse.


Violentate la natura e la natura reagirà.
Soffocata, annientata, zittita, in età adulta si manifesterà come forte disagio interiore.  
E la cura ancora una volta sarà la stessa. 
L'amore.


lunedì 16 gennaio 2012

Il cambiamento: da fonte d’ansia a sorgente creativa.


Chi soffre d'ansia e depressione percepisce molti cambiamenti come perdita.
Di solito i cambiamenti che possono generare ansia o depressione in chi è già predisposto non sono negativi in toto, bensì ambivalenti.
In realtà tutti i cambiamenti sono portatori di qualche aspetto positivo, ma nell’ansioso e nel depresso questo non viene percepito.

Ciò che è stato perduto invade ogni suo pensiero, ed il nuovo stenta ad entrare nella sua vita in quanto “così diverso da prima".  Del nuovo  viene percepito solo ciò che non corrisponde alle sue aspettative, del vecchio solo ciò che piaceva e che “non sarà mai più”.

Questo vale ad esempio per eventi come il cambio di casa: “ho perduto i miei amici, le mie abitudini”, oppure per la nascita di un figlio: “non potrò più fare questo o quest’altro”.

Improvvisamente i motivi che lo hanno spinto al cambiamento vengono chiusi a chiave in un cassetto.


Ci sono poi eventi  che appaiono esclusivamente negativi come la morte o la malattia. In realtà  sono anch’essi portatori di una qualche forma di evoluzione 
che, se  già viene colta con difficoltà da chi  non soffre di depressione, è completamente invisibile per il depresso.

Come sempre l’accettazione è il punto di partenza.

I monaci tibetani con i loro Mandala di sabbia esprimono in maniera prepotente questo concetto: dopo aver lavorato ogni giorno per quasi due settimane per realizzarli li distruggono in pochi minuti, a significare l’impermanenza di tutte le cose.  Il passato va lasciato andare. Questo non significa che va dimenticato, bensì accarezzato senza che questo distolga dal saper riconoscere ciò che nel presente c’è di buono.

Un sorriso, una nuova conoscenza che potrebbe trasformarsi in amicizia, senza tuttavia dover essere caricata di inutili e dannose aspettative che la soffocherebbero, il passo che ogni giorno compiamo nell’apprendimento di nuove mansioni, la possibilità che abbiamo di donare qualcosa di buono al nostro prossimo, il servizio che rendiamo attraverso il nostro lavoro, che non ha come fine ultimo la mera sopravvivenza.  (Matteo  6.31-34: “Non affannatevi dunque dicendo: che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che cosa indosseremo?  Di tutte queste cose si preoccupano i pagani; il Padre vostro celeste infatti sa che ne avete bisogno. Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta").

Nel dolore e nella malattia spesso nascono poi le gemme più preziose che in altro modo non avrebbero modo di manifestarsi: la consapevolezza del valore della salute o di abitudini che si davano per scontate. Se la guarigione non può avvenire o se il trauma è la morte di una persona cara credo sia quasi impossibile scorgere la bellezza di un amore che solo la tragedia rende così eterno e indissolubile. Alcuni nel dolore riscoprono il valore della fede, oppure traggono da esso il senso di un'intera esistenza, decidendo di donarsi per la ricerca, la lotta, il mutuo aiuto.

Nel dolore l’amore abbaglia come in nessun altro contesto.
Nel capitolo nove di Giovanni, il cieco nato e Gesù luce, si apprende come queste cose non accadono perché l’uomo venga punito, perché lo ha meritato, ma perché si possa manifestare la grandezza di Dio amore. Ogni evento ha un senso e un risvolto inatteso.  Sta solo alla nostra mente e al nostro sguardo saperlo cogliere.

martedì 10 gennaio 2012

Amicizia.

Per me lo stare sempre insieme non costituiva
l’elemento fondante, che ritrovavo invece nel
sentimento, nell’ascolto, nel sapere che non 

ha importanza dove e con chi tu sia,
ma che tu stia bene e sia felice, 
nel non avere dubbi che se mai
dovessi alzare la cornetta tu ci sarai, 

nel consiglio, 
nel ritrovarmi ovunque io sia finita.
(Da 'Di Nuovo Viva')